venerdì 2 maggio 2014

La Nuova Sardegna e il linguaggio giornalistico della vecchia cultura misogina

L'informazione che minimizza la violenza contro le donne usando sconsideratamente le parole trasmette e perpetua proprio quella cultura pericolosa su cui la normalità della violenza mette radici. 

Ma il quotidiano La Nuova Sardegna non lo sa. Per questa testata un ragazzo (già macchiatosi di violenze varie volte) va a casa dalla fidanzata e la prende a calci e pugni “per darle una "lezione”: e si, ha esagerato, ma tra le righe di una notizia che vorrebbe essere riportata in modo neutro si legge una comprensione che non capiamo, rafforzata in chiusura dell’articolo dallo sfogo (si presume comprensibile) del pestatore che dice: Signor giudice, lo dica anche a lei di starmi alla larga, che non la voglio vedere più. Ah bè. E quanti avranno commentato, a questa lettura che si, insomma, in fondo quella se l’è pure cercata.. o no?
Forse ci sarebbe anche sfuggito, ma il fatto è che ci sovviene di diversi altri casi; ad esempio un altro bell’articolo dello stesso giornale, simpaticamente umoristico sul tema "pacche sul sedere". In questo caso una "pacca" assestata con violenza e non senza conseguenze, dal finestrino di un’auto a una ragazza che faceva jogging - seguita da una sacrosanta denuncia. 
Olbia, costa cara (cara?) la “bravata” dall’auto a due giovani, scriveva la Nuova Sardegna. Poverini, aggiungiamo noi. Potevano solo ammazzarla, facendola sbattere contro il guard rail. Farle male, e offenderla, nel minore dei casi - come è avvenuto. Machevvuoi che sia? sembra dire l'autore: sia contenta invece, che qualcuno l'ha notata!
[nb - la figurina eloquente alla shottata dell'articolo l'abbiamo aggiunta noi].
Solo uno fra i tanti pezzi che malcelatamente ironizzano su storie che divertenti non sono, e sembra di vederli, questi giornalisti, mentre si strizzano l'occhiolino.. e che ssarà mai, adesso si viene criminalizzati per una pacca sul sedere..!
Complimenti, che #giornalismo. E' questa un’informazione degna di questo nome? O non è forse il caso di qualche aggiornamento professionale?

Tornando al pezzo di cui sopra, alcune giornaliste hanno rivolto una lettera al direttore:
Gentile Direttore,
vogliamo invitarla a rileggere l’articolo pubblicato sul suo sito il 30 aprile dal titolo “Lei lo sveglia troppo presto e lui la riempie di botte”, a firma lu.so. , per riflettere con noi sul tono dello scritto e su alcuni passaggi che ne fanno un testo grave, violento, misogino e scorretto, irrispettoso nei confronti della donna picchiata e dunque di noi tutte e tutti.
Rileggendolo, infatti, le salterà agli occhi che gravi e gravissimi episodi di violenza vengono trattati dal punto di vista di chi commette il reato, sovvertendo le basilari regole di informazione e trasformando quello che dovrebbe essere un articolo giornalistico in un comunicato stampa redatto dal colpevole o da un maldestro difensore.
Fatti di gravità assoluta come “non ha nemmeno bussato, ha scavalcato il cancello” e “dopo averle dato una lezione” vengono rivestiti di un’ emotività quasi condivisibile da altri svegliati la mattina alle 9 dalla telefonata della fidanzata, invece che essere identificati ed annotati come reati penali quali sono. Al delinquente viene anche lasciata l’ultima parola, una battuta gradassa che conclude (in)degnamente il pezzo.Noi chiediamo e pretendiamo che chi si occupa di informazione inizi a chiamare le cose con il proprio nome e che si smetta di sminuire qualsiasi forma di sopruso se commessa da ex, fidanzati, mariti o aspiranti amanti respinti, e La invitiamo a rivedere l’articolo in questione. Siamo sicuri che di fronte agli episodi di violenza contro le donne lei non intenda avallare l’idea che, come suggerisce l’articolo, occorra “pestarne una per educarne cento”.
In attesa di un Suo riscontro
Emanuela Valente (blogger), Alessandra Di Pietro, Cinzia Romano, Paola Tavella (giornaliste)

La lettera è sottoscritta inoltre da:
Valentina Maran (blogger), Gaja Cenciarelli (scrittrice e traduttrice), Mario Benvenuto (docente e designer), Ricciocorno Schiattoso (blogger), Vittoria Camboni Candeloro (Movimento per l’Infanzia), Giorgio Caramanna (ricercatore), Ylenia Politano (giornalista), Slavina (scrittrice e regista), Maria Luisa Canna (infermiera), Ettore Siniscalchi (giornalista), Graziella Rocca, Silvana Renoldi, Alessia Guidetti, Nataniela Piccoli, Andrea Mazzeo (spec. Psichiatria), Viviana Pizzi (giornalista e blogger), Irene Cappai, Giulia Penzo, Irene Cappai (infermiera pediatrica), Milena Palladini, Laura Cutaia (ricercatrice).

Molte altre adesioni stanno arrivando, se volete unirvi potete scrivere e a inquantodonna@gmail.com

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